Accertamento fiscale: notifica valida anche a terzi

Di: Studio Legale Bruccoleri - il: 24-04-2018

La Corte di Cassazione con l’ordinanza n.7638 del 28 marzo 2018 stabilisce che la notifica dell’accertamento fiscale è da ritenersi valida quando consegnata a chiunque si dichiari titolato a riceverla e firma la ricevuta, sia esso un parente, il portiere o il vicino di casa.

In assenza di destinatario, secondo i Supremi giudici, la copia dell’atto può essere consegnata a persona di famiglia o addetta alla casa o all’ufficio o all’azienda, sempre che non sia minore di quattordici anni o palesemente incapace.

Spetta al destinatario, in caso di contestazione, l’onere di provare l’inesistenza di alcun rapporto con colui che ha firmato la ricevuta di notifica.

Qui di seguito riportiamo il testo integrale dell’ordinanza:

Corte di Cassazione ordinanza n. 7638 depositata il 28 marzo 2018

Ritenuto

che l’Agenzia delle Entrate ricorre per la cassazione della sentenza n. 248/25/11, depositata il 30/6/2011, con cui la Commissione Tributaria Regionale della Puglia ha accolto il gravame di G.B.V.T., e riformato la sentenza di primo grado, sfavorevole al contribuente, il quale aveva impugnato la cartella di pagamento dell’imposta di registro dovuta in relazione alla scrittura privata, in data 6/1/2004, tra la società F. Calcio, il predetto T. e tale A.V., per difetto di notifica del prodromico avviso di liquidazione, conosciuto solo a seguito della successiva notifica della predetta cartella di pagamento;

che l’Agenzia delle Entrate, secondo il Giudice di appello, non ha validamente notificato al contribuente l’avviso di liquidazione, in quanto l’atto non risulta univocamente consegnato nel domicilio fiscale di questi, “al piano V di piazza C.B., né nel suo ufficio in via G.D.T., (…) a mani di un addetto alla casa o all’ufficio del destinatario, ma a mani di una collaboratrice dello studio commerciale B.A.L. sito al piano XI (dello stabile) di piazza C.B. dove più presumibilmente C.M. si trovava”, in quanto lavoratrice dipendente, e dunque “nelle mani di persona non avente alcun tipo di relazione o collegamento con l’intimato, non essendo C.M. persona di famiglia o addetta alla casa o all’ufficio di T.G.”;

che l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione affidato ad un motivo, cui resiste la contribuente con controricorso;

Considerato

che con il primo motivo d’impugnazione la ricorrente denuncia il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5 e n. 3, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, violazione degli artt. 60, D.P.R. n. 600 del 1973, 139 c.p.c., 2700 c.c., in quanto la CTR ha rilevato che la relata di notifica non specifica il luogo in cui la notifica è avvenuta, se cioè presso la casa di abitazione o l’ufficio, né di quale soggetto fosse collaboratrice la consegnataria dell’atto, trascurando di considerare che nel modulo prestampato, al decimo rigo, prima della sequenza delle parole “abitazione, ufficio, azienda” rispetto alla quale non è stata disposta dal messo notificante alcuna specificazione mediante cancellazione o altro segno, figura comunque apposta una crocetta proprio accanto alla parola abitazione, che il T. risiede a Foggia, piazza C.B., che in tale città il contribuente, ai sensi dell’art. 58, D.P.R. n. 600 del 1973, ha stabilito il domicilio fiscale, e che il medesimo ha il proprio ufficio in via G.D.T., elementi nel loro insieme idonei ad escludere qualsivoglia incertezza circa le modalità di esecuzione della notificazione nel comune di residenza, coincidente con il domicilio fiscale, presso la casa d’abitazione e mediante consegna dell’atto a persona “addetta” in assenza del destinatario;

che la censura è fondata e merita accoglimento;

che il Giudice di appello ha escluso la validità della notifica dell’atto impositivo presupposto, eseguita ai sensi degli artt. 139 c.p.c. e 60, D.P.R. n. 600 del 1973, nei confronti del contribuente, assente, e quindi non mediante consegna a mani proprie del destinatario, per il decisivo rilievo attribuito sia alla circostanza della mancata elisione di una delle parole “abitazione, ufficio, azienda”, e ciò in base a quanto si ricava dal modulo prestampato utilizzato dal messo notificatore per esporre compiutamente l’attività espletata, sia alla ulteriore circostanza che il contribuente ha dimostrato che la consegnataria dell’atto, M.C., qualificatasi “collaboratrice ed autorizzata al ritiro”, invece, “è dipendente dello studio commerciale di B.A.L. sito al piano XI di piazza C.B.”;
che l’individuazione del concreto comportamento tenuto dal notificatore e la valutazione circa la ritualità dell’operato dello stesso assumono rilevanza decisiva per controllare la correttezza dell’applicazione, ad opera del giudicante, delle norme processuali delle quali è stata denunziata la violazione, trattandosi di denuncia di “error in procedendo” in relazione al quale, va ricordato, la Corte di cassazione è giudice anche del fatto e, quindi, ha il potere-dovere di procedere direttamente all’esame ed all’interpretazione degli atti processuali;

che, ciò detto, le due condizioni per la notifica ex art. 139 c.p.c. sono l’esatta determinazione del luogo, e la presenza in esso di un soggetto legato al destinatario da uno specifico rapporto, normativamente indicato, circostanza da cui può presumersi che sollecitamente l’atto verrà dal consegnatario portato a conoscenza del destinatario;
che è incontestata tanto la residenza del T. nel Comune di Foggia, piazza C.B., quanto la coincidenza fra luogo di residenza anagrafica e domicilio fiscale del contribuente ex 58, D.P.R. n. 600 del 1973, e la ubicazione dell’ufficio in via G.D.T.;

che, inoltre, non appare superfluo ricordare che “l’art. 139 c. p. c., nel prescrivere che la notifica si esegue nel luogo di residenza del destinatario e nel precisare che questi va ricercato nella casa di abitazione o dove ha l’ufficio o esercita l’industria o il commercio, non dispone un ordine tassativo da seguire in tali ricerche, potendosi scegliere di eseguire la notifica presso la casa di abitazione o presso la sede dell’impresa o presso l’ufficio, purché si tratti, comunque, di luogo posto nel comune in cui il destinatario ha la sua residenza.” (Cass. n. 2266/2010);

che, invero, la mancata elisione nel modulo utilizzato dal messo notificatore di alcuna delle ipotesi riportate nella sequenza prestampata “abitazione, ufficio, azienda”, trattandosi di mera irregolarità, non preclude una valutazione necessariamente complessiva del contenuto della relata di notifica, ed in tale prospettiva assume rilievo logico la circostanza che l’atto da notificare è indirizzato al contribuente nel suo domicilio fiscale, e che il messo notificatore ha consegnato l’atto alla C. dichiaratamente “collaboratrice ed autorizzata al ritiro”,

che la consegnataria si trovava nello stabile di piazza C.B., che ha anche apposto la propria sottoscrizione per ricevuta, e che così facendo ha dato atto del compimento degli adempimenti della sequenza del procedimento notificatorio prevista dalla legge, essendo obiettivamente da escludere ogni possibilità di confusione fra il luogo (piazza C.B.) dove in contribuente ha la casa di abitazione, e quello (via G.D.T.) affatto diverso dove ha l’ufficio;

che, in assenza del destinatario, la copia dell’atto da notificare può essere consegnata a persona di famiglia o addetta alla casa o all’ufficio o all’azienda, purché non infraquattordicienne o palesemente incapace, e secondo la giurisprudenza di questa Corte basta che la presenza del consegnatario non sia meramente occasionale o temporanea, e la non occasionalità si presume dalla accettazione senza riserve dell’atto (Cass. n. 187/2000), e dalle dichiarazioni recepite dall’ufficiale giudiziario nella relata di notifica (Cass. n. 12181/2013; n. 26501/2014), di tal che incombe sul destinatario dell’atto, che contesti la validità della notificazione, l’onere di fornire la prova contraria ed, in particolare, l’inesistenza di alcun rapporto con il consegnatario, comportante una delle qualità sopra indicate, ovvero la occasionalità della presenza dello stesso consegnatario, mentre per tale forma di notificazione non è necessario l’ulteriore adempimento dell’avviso al destinatario, a mezzo lettera raccomandata, dell’avvenuta notificazione, come è invece previsto, al quarto comma dello stesso art. 139, in caso di consegna al portiere o al vicino di casa;

che, pertanto, il Giudice di appello non ha correttamente deciso la fattispecie posta al suo esame allorché ha affermato che l’atto impositivo non è pervenuto a conoscenza del contribuente, in quanto è senz’altro da escludere che sia sufficiente, per superare la presunzione della quale qui si discute, allegare la circostanza che il soggetto consegnatario, C.M., fosse una dipendente dello studio commerciale B., posto al piano XI del medesimo stabile di piazza C.B., atteso che, come già osservato, il messo notificatore ha eseguito la consegna nelle mani della predetta “in qualità di collaboratrice autorizzata al ritiro che firma la ricevuta”, e tanto basta difettando adeguata prova del contrario;

che assai fragile appare l’argomento difensivo secondo cui il rapporto di collaborazione in forza del quale la consegnataria si era dichiarata autorizzata alla ricezione dell’atto, sia lessicalmente riferibile al suddetto rapporto di lavoro con la professionista, piuttosto che ad una qualche relazione con il contribuente, perché nessuna norma prevede che l’agente notificatore indaghi sulla veridicità delle dichiarazioni rese dal consegnatario in ordine ai suoi rapporti con il destinatario, e perché, indipendentemente dalla espressione usata in luogo di quella di “addetta alla casa” specificamente indicata nell’art. 139 c.p.c., quel che rileva, ai fini qui considerati, è che si tratti di rapporti sostanziali, anche di natura provvisoria o precaria, tra consegnatario e destinatario dell’atto, che facciano ragionevolmente presumere che il secondo soggetto venga reso edotto dal primo dell’eseguita notificazione, e tanto basta (Cass. 16164/2003);

che, in conclusione, la sentenza impugnata va cassata senza rinvio in quanto, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, la causa può essere decisa nel merito con il rigetto dell’originario ricorso del contribuente;

che l’evoluzione della vicenda processuale giustifica la compensazione delle spese dei gradi di merito, mentre quelle del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo;

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso originario del contribuente, che condanna al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 4000,00, oltre rimborso spese prenotate a debito. Compensa le spese di giudizio dei gradi di merito.

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