La contraffazione: un problema a carico delle imprese

Di: Studio Legale Bruccoleri - il: 20-04-2017

L’industria dei beni contraffatti compromette posti di lavoro, inficia la crescita economica, mette a rischio la salute dei consumatori e priva i governi dei proventi delle tasse. Nonostante questo, l’importazione di prodotti falsificati è raddoppiata nel giro di dieci anni.

Secondo i dati forniti dall’OCSE, il 5% dei beni importati in Europa è contraffatto, per un ammontare complessivo di circa 85 miliardi di euro. Le ripercussioni economiche vengono stimate in una perdita per le imprese pari a 43.3 miliardi, per i cittadini di 518 281 posti di lavoro e per gli Stati di circa 8.1 miliardi di mancate tasse versate all’erario.

L’azione di contrasto del fenomeno da parte delle autorità europee risulta spesso inefficace a causa di un sistema collaudato e complesso. I contrabbandieri, infatti, utilizzano rotte commerciali che si appoggiano a specifici punti di transito. In questo modo, le organizzazioni che gestiscono il traffico riescono a “ripulire” i documenti, camuffare l’origine del prodotto, e a creare centri di distribuzione in porti secondari, specialmente in quelli che godono dello status di Free Trade Zone. Per gli ufficiali doganali risulta difficile determinare il porto di provenienza e il paese in cui ha origine la violazione, non solo a causa di documenti “ripuliti”, ma anche perché in molti casi proprio nelle FTZ avviene la contraffazione del marchio, il repackaging o il re-labelling del prodotto.

Ma questo non è l’unico problema. Come riporta l’analisi annuale sulla Contraffazione dell’Europol, ai principali paesi di provenienza delle merci contraffatte (Hong Kong, Cina e Turchia) si aggiungono centri di produzione clandestina all’interno dello stesso mercato comunitario, distribuiti prevalentemente in Belgio, Repubblica Ceca, Polonia, Italia e Spagna, e che registrano preoccupanti ritmi di crescita.

La crisi e le nuove tecnologie hanno inoltre fornito un ulteriore pretesto e un metodo più efficace per dare una spinta verso l’alto al mercato della contraffazione. Difatti, secondo un’indagine condotta dall’Ufficio dell’Unione Europea per la proprietà intellettuale (EUIPO), quasi il 30% dei giovani europei ritiene in qualche modo lecito l’acquisto di prodotti falsificati. Atteggiamento giustificato soprattutto dalla differenza di prezzo con il prodotto originale.

A sua volta, la flessibilità e la velocità fornita da internet e dai siti e-commerce hanno rafforzato la rete di distribuzione delle merci falsificate, rendendone possibile la vendita 24 ore su 24 e, per determinati articoli, predisponendo anche la consegna a domicilio. I gestori di queste piattaforme, agendo tramite diverse giurisdizioni favorevoli, possono eludere i blocchi delle autorità informatiche e ripristinare nel giro di poche ore i siti oscurati semplicemente cambiando hosting e dominio. Tutto questo senza perdite significative di clientela, grazie a un uso mirato dei social media e delle community online.

Cosa possono fare le imprese per tutelarsi?

A fronte di un’attività di contrasto da parte delle autorità incapace di scoraggiare in modo significativo l’operato delle organizzazioni che gestiscono il traffico di merci contraffatte, spetta in primo luogo alle imprese operare per individuare e segnalare i casi di violazione che li riguardano direttamente.

L’Italia è la prima nazione in Europa ad essere vittima di questo fenomeno. Secondo i dati disponibili, le violazioni di diritti di proprietà intellettuale ed industriale riguardano in primo luogo Stati Uniti (20%) l’Italia (14.6%) e la Francia (12.1%).

Tuttavia, non sono molte le imprese italiane in grado di sostenere i costi di un ufficio interno per la gestione della proprietà industriale, appoggiandosi prevalentemente a studi di consulenza. Allo stesso tempo, a differenza di realtà estere, non si è ancora diffusa la figura dell’Intellectual Property Manager. Quest’ultimo, come segnalato dal Piano Nazionale Anticontraffazione del 2012, svolge il ruolo di interrelazione necessaria con:

  1. l’area Marketing e Ricerca e Sviluppo nella fase preliminare e di attuazione di qualsiasi progetto innovativo (sia che riguardi il lancio di un nuovo brand o design, che di una nuova tecnologia);
  2. l’area legale nella fase di scelta dei vari mezzi di protezione da adottare (depositi di brevetti, registrazioni di marchi e design), nelle negoziazioni attive o passive di licenze di sfruttamento, per giungere necessariamente alla gestione dei contenziosi attivi/ passivi correlati a titoli di Proprietà Intellettuale e Industriale.

Un primo passo obbligatorio per salvaguardare l’attività economica dell’impresa e la sua reputazione dai rischi di contraffazione è la registrazione del marchio e dei disegni industriali. All’interno dell’Unione, i marchi possono essere registrati in un singolo stato o, per avere una protezione più ampia, come EU Trade Marks (EUTM), ovvero come marchi comunitari, presso l’Ufficio dell’Unione Europea per la proprietà intellettuale (EUIPO). In questa tipologia di marchi rientrano tutti i segni che possono essere rappresentati graficamente, come una parola, un disegno, delle lettere, dei numeri, delle forme o la confezione del prodotto. Nel caso dei brevetti possono essere dichiarati sia tramite gli appositi uffici nazionali, o tramite un processo di valutazione centralizzato all’Ufficio Brevetti Europei (EPO), in questo modo è possibile garantire il brevetto in uno o più stati dell’Unione.

Caso a parte è il diritto d’autore, il quale è garantito automaticamente in tutta l’UE al momento della creazione e non richiede nessuna registrazione ufficiale.

I passi successivi suggeriti sono:

1) Non appena un marchio UE viene depositato, è possibile presentare una domanda di opposizione nel caso di marchi identici o simili. Per garantirsi una maggiore tutela è consigliabile rivolgersi ad avvocati specializzati in materia al fine di svolgere, sia prima del deposito che in seguito, ricerche periodiche di domande EUTM, di registrazioni avvenute o di prodotti già presenti nel mercato con marchio simile;

2) Qualora venga riscontrata la presenza di un marchio identico o simile depositato in data posteriore, è possibile richiedere l’annullamento del suddetto dai registri nazionali ed europei.

3) Informare il presunto autore della violazione tramite una lettera di diffida, in modo da metterlo ufficialmente a conoscenza del fatto e delle conseguenze legali in cui potrà incappare qualora non provveda all’annullamento;

4) Nel caso in cui la controversia sorga tra imprese che operano legalmente, sarà possibile cercare un accordo tramite mediazione e arbitrato.

5) Qualora l’accordo tra le parti fallisse, le misure legali per contrastare le violazioni in sede civile prevedono ingiunzioni preliminari e sequestri conservativi, al fine di impedire un uso illegale del marchio. Il vantaggio del marchio comunitario EUTM risiede nel fatto che è competenza di un unico tribunale emanare una misura esecutiva valida in tutti gli Stati Membri;

6) Di fronte ad episodi di contraffazione e pirateria, l’impresa, invece, dovrà contattare le autorità nazionali di contrasto e giudiziarie nelle pertinenti giurisdizioni dell’UE.

Nonostante la crescente rilevanza del fenomeno e l’ingente danno economico apportato all’economia comunitaria, e specialmente italiana, le norme di attuazione del diritto penale in materia di proprietà intellettuale non sono ancora oggetto di armonizzazione all’interno dell’Unione Europea. Pertanto, ancora sussistono differenze notevoli tra le varie giurisdizioni che impediscono un contrasto capillare ed efficace in tutti gli Stati membri.

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Fonti:

1. OECD/EUIPO (2016), Trade in Counterfeit and Pirated Goods: Mapping the Economic Impact, OECD Publishing, Paris.

2. EUROPOL/EUIPO (2015), Situation Report on Counterfeiting in the European Union, Den Haag.

3. EUIPO (2017), European Citizens and Intellectual Property, Alicante.

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