Il seguente articolo mira a divulgare i risultati del Progetto Leeds svolto su incarico della Commissione Europea DG per la Giustizia (la versione completa è scaricabile qui) riguardo la Responsabilità dei dirigenti e l’interdizione in caso di fallimento d’impresa e d’insolvenza.
La legge sull’insolvenza è regolata all’interno dell’UE dal Regolamento 2015/848 – che abroga il precedente Regolamento 1346/2000. L’intenzione principale del legislatore risiede nella volontà di incrementare l’efficienza amministrativa nei procedimenti transfrontalieri, migliorando di conseguenza il funzionamento del mercato unico.
Allo stato attuale, la legislazione riguardante la responsabilità dei dirigenti e l’interdizione in caso di insolvenza non è uniforme tra gli Stati Membri, sebbene essa presenti alcune similarità.
I dirigenti aziendali sono tenuti all’adempimento di doveri generali caratterizzati dall’obbligo di tutelare la società, gli azionisti e gli altri stakeholders da una cattiva gestione e da una cattiva condotta. Questi doveri solitamente non mutano in caso di insolvenza eventuale o di fatto.
Nella maggior parte degli Stati Membri la legislazione prevede l’obbligo da parte dei dirigenti di indire una riunione con gli azionisti, al fine di intraprendere una serie di azioni, quali tentare di ridurre le perdite dei creditori o aprire una procedura di insolvenza presso il Tribunale.
Qualora i dirigenti omettano di convocare una riunione con gli azionisti entro un periodo di tempo prestabilito, potranno risultare direttamente responsabili per le perdite della società nel lasso di tempo intercorso. In alcuni casi, questa negligenza può implicare anche responsabilità di natura penale.
Se la decisione presa dalla dirigenza è di liquidare/dissolvere l’attività della società, i dirigenti saranno ritenuti legalmente responsabili anche nel caso in cui non apriranno la procedura di insolvenza presso il tribunale di competenza entro il periodo stabilito dalla legge.
La media prevista negli Stati Membri è di 30 giorni, anche se vi sono Stati che non prevedono un tempo limite.
Paese | Scadenza temporale | Tempo a disposizione | Circostanze |
Francia | Si | Entro 45 giorni | Insolvenza/cessazione del pagamento dei debiti |
Germania | Si | Entro 3 settimane | Mancanza di liquidità o “over-indebtedness” |
Italia | No | ||
Regno Unito | No |
In paesi come la Gran Bretagna e l’Italia, i dirigenti, che intenzionalmente aggravano la situazione finanziaria di una società insolvente o prossima all’insolvenza, possono essere accusati di bancarotta fraudolenta (fraudulent trading). In caso di insolvenza, infatti, è atteso che i dirigenti gestiscano la società in modo prudente al fine di scongiurare perdite ulteriori.
Gli obblighi dei dirigenti in seguito all’apertura di un procedimento fallimentare dipendono essenzialmente dalla situazione finanziaria della società e dalle decisioni compiute dagli azionisti.
L’obbligo di cooperare con il curatore fallimentare è un dovere esplicitato in quasi tutte le legislazioni degli Stati Membri. A questo si affiancano anche ulteriori divieti, quali l’occultamento dei beni societari e la distruzione dei documenti.
Se i dirigenti non collaborano o compiono azioni che indichino una intenzionale mancanza di volontà nel cooperare, possono essere imputabili sia in sede civile che penale, oltre che essere interdetti come dirigenti per un certo periodo di tempo.
I dirigenti che non osservano i loro doveri possono incorrere in condanne che variano dalla sanzione pecuniaria in sede civile alla reclusione in sede penale.
La responsabilità dei dirigenti in caso di insolvenza non è semplice da provare. Motivo per cui, l’applicazione della legge incontra una serie di impedimenti.
Gli ostacoli più comuni sono in genere gli stessi nella maggior parte degli Stati Membri:
In alcuni paesi come il Portogallo o la Grecia sussiste un ulteriore ostacolo determinato dal fattore tempo. In questo caso, gli stessi curatori fallimentari sono scoraggiati dall’avviare procedimenti contro i dirigenti a causa della lentezza dei tribunali.
Una procedura che ha subito un implementazione considerevole negli ultimi anni in molte giurisdizioni è l’interdizione dei dirigenti, in particolare quando sono coinvolti nell’insolvenza della società.
Paese | Esistenza dell’interdizione | Registro pubblico delle interdizioni | Cause dell’interdizione | Periodo di interdizione |
Francia | Si | Si |
|
Fino a 15 anni |
Germania | Si | No |
|
5 anni |
Italia | No | |||
Lussemburgo | Si | Si |
|
1-20 anni |
Regno Unito | Si | Si |
|
2-15 anni |
L’interdizione è solitamente intesa come un elemento aggiunto al diritto penale, questo significa che i dirigenti che sono risultati colpevoli di determinati reati subiscono il divieto di agire nello stesso ruolo apicale in altre società.
In alcuni Stati Membri, come Austria, Belgio, Germani e Olanda, l’interdizione può anche implicare il divieto di ricoprire altri ruoli.
Anche se non è raro il caso del cosiddetto direttore ombra, dove persone che sono state interdette continuano a guidare la società affidandosi a nominati o influenzando i dirigenti in carica.
Un punto controverso nella legislazione europea riguarda l’assenza di un registro pubblico delle interdizioni. Molti Stati Membri dispongono di un registro nazionale, sebbene l’accessibilità non sia uguale dappertutto, di conseguenza, si rivela non semplice verificare l’esistenza dell’interdizione.
I dirigenti che sono stati interdetti, pertanto, potrebbero ipoteticamente continuare a lavorare in un altro paese nello stesso ruolo per tre ragioni:
La durata dell’interdizione dipende dalla legislazione nazionale e viene stabilita dalla corte.
Un approccio differente è rappresentato dal Regno Unito. Qualora vi sia intenzione da parte delle autorità di applicare un ordine di interdizione, il dirigente può agire preventivamente, ovvero prima della sua emanazione, esplicitando la volontà di non ricoprire quel ruolo per un determinato periodo di tempo.
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